Saturday, November 21, 2009

RETE SCOLASTICA...


ALLE DIDUCCIO DI MIRAMARE,SCUOLA MEDIA,LA RECINZIONE RICORDA I CAMPI PROFUGHI ABUSIVI,COSI' I BAMBINI SI ABITUANO AL DEGRADO...ZERO IN CONDOTTA PER L'AMMINISTRAZIONE COMUNALE,MA ANCHE PER I GENITORI CHE NON SI SENTONO IN DOVERE DI FARE QUALCOSA...COSA NE PENSERANNO GLI ALUNNI???

Tuesday, December 26, 2006

E DOPO NON CE NE FU PIù PER NESSUNO...


DONT GIVE UP...


CIAO


la riconoscete?










un
una a su mille cela fa...
dopo svariati cambiamenti e le nozze con un giovane stallone padano la nostra non si è fatta mancare il periodo sado-maso e la conduzione di un trash TV come BISTURI insieme a Platinette..ora conserva i privilegi di ex presidente della Camera come l'ufficio,la scorta,l'auto blu e fa l'OPINIONISTA..cioè spara giudizi su tutto e su tutti seguendo gli schemi della brava massaia che piacciono tanto a Bossi,con triti pregiudizi sui sessi,sugli uomini,sulla fede,sulla morte...speriamo in una crisi mistica e in un prossimo ritiro in convento...

dagherrotipi


altri tempi..anni luce..

Tuesday, October 31, 2006


notte pulita
L'appuntamento è per le 21,15.Il posto è molto conosciuto.Scendo dall'auto e telefono.Il capo risponde.Mi vede agita la mano,lo raggiungo.Le consegne sono semplici.Devo stare appiccicato a uno dalle 22,00 a non si sa quando.La sua donna non c'è e non ci lascia vivere perchè sospetta.OK.Vado,vedo l'auto e mi apposto lontano, dove non mi può vedere quando esce.La sua macchina c'è.

Monday, October 30, 2006

non era il momento,nè il luogo...


Il TIR marciava regolare e tranquillo nel primo sole dell'alba.L'autostrada era deserta.Nebbia dolce e sottile dai campi in un odore di acqua di lago.La macchina fila velocissima,il motore tedesco ronza come un caccia a elica sui cieli di Dunquerque 1940.Grandi canotti di gomma nera girano e si avvicinano come una meteora ai primi strati dell'atmosfera.Il cervello lavora al minimo.Il mondo cosciente vegeta.I sistemi automatici d'allarme sono in funzione.Il tempo si ferma e minuscole particelle di esistenza si incolonnano e ,in un battito d'ali del colibrì della vita ,ricevono l'ordine.In 2 o tre micron di secondo il braccio sinistro si sposta dalla mia coscia sinistra come se per tutta la vita avesse aspettato di fare alla perfezione solo questo movimento.La mano si allunga a mezz'aria e impugna il volante più a sinistra e più in alto di un palmo.Le dita si stringono intorno alla plastica tenera e scura che lo riveste.Dalla spalla parte un movimento verso l'alto.Muscoli e tendini si allineano e trasmettono l'ordine in un sospiro di neurone.La pesante carrozzeria sussulta .La linea come una lancia,che passa tra il suo baricentro e il punto mediano del paraurti anteriore si sposta.Dallo spazio sotto il cassone al cielo.Dal camion,tra le ruote anteriori e quelle postreriori,sotto il grande perno unto di grasso nero che congiunge cabina e rimorchio,all'orizzonte dell'autostrada in leggera salita.L'asse del veicolo torna parallelo al new jersey di cemento, armato, che limita la corsia di sinistra.La macchina sbanda ma le ruote e gli ammortizzatori la tengono in assetto.La corsa continua.In fondo, a un kilometro, c'è più luce.A destra la massa cromata di ferro tecnologico è stupita ma continua la sua strada.Il TIR è dietro di noi,l'autista sa, ma ci ha fatto l'abitudine e tira dritto borbottando.Fabio mi guarda con gli occhi a fessura e stringe il volante contro chiunque minacci di rubarglielo.E' confuso."Cosa è successo?"domanda.Ma conosce da solo la risposta.Non era il giorno,nè il luogo,nè il momento.Mezzo secondo,cinquanta centesimi di secondo.La vita continua.Nello spazio parallelo forse è andata diversamente.A un'unità di tempo/luogo vicina un bacterio e perpendicolare al mondo cominciano ad affluire i mezzi di soccorso.Fumo,ferro,odore di asfalto in un grande silenzio.E poi più in là.di poco,la scena cambia,di poco,come uno specchio di fronte a uno specchio

qual'è il senso della vita???


sbaragliare i nemici,inseguirli nella steppa e ascoltare il lamento delle vedove...

ventimarzo
....la strada descrive una leggera curva a destra,in salita.E' sera e sto andando all'appuntamento.Le luci ai lati della strada bagnata proiettano un'atmosfera arancione macchiata di nero, come in un futuro prossimo abitato da masse indifferenti,replicanti e bounty-killers.La musica esce piano dalla radio a FM.Tutto scorre normale.L'aria è umida e profumata di primavera incombente.Ancora una curva e sulle note di "Bussando alle porte del Paradiso" entra nell'abitacolo della macchina la voce di Bob Dylan.E' il segnale,ora non sono più solo,accanto a me sento la sua presenza,è tranquillo,mi guarda con la sua espressione dolce e un pò furba.Mi sorride con ironia,non è cambiato affatto.I suoi occhi ridono sempre come quelli di Paul Newman.Mi dice piano"è sempre un piacere guidare co te".Dentro di me trovo un poco di pace.Continuiamo a guidare insieme giù per la discesa.La strada è dolce e vorrei che non finisse mai.Vorrei andare fino all'origine del tempo e incontrare l'inizio.Perchè mi chiedevi...perchè..perchè.Siamo arrivati,il cancello è chiuso ma una modesta pressione lo fa aprire di quel anto che basta.Salutiamo le amiche di questi anni maledetti.Antonella..Rita..Barbara.E anche Margherita che ride sotto le pieghe della pelle e ci compatisce tutti,lei che ha visto per 93 volte i rami fioriti degli alberi e le rondini tornare...Lei saggia e indulgente sospira delle pene degli umani..Ecco il babbo.E come sempre felice(lui direbbe contento,non si deve esagerare)gli porterò la sabbia di Sidi Barrani,l'ho promesso,là dove i veri uomini non hanno mollato e nel raconto mi hanno detto"No,di qua gli Inglesi non sono passati..più in su.."E ora qui.Dove tutto finisce e tutto incomincia da capo.Qui dove qualcuno ci avverte"Non piangere più..e vidi un uomo ritto..immolato come un agnello"...

marzo2005

Thursday, October 19, 2006

La spia che venne dal freddo.


-Che cosa credi che siano le spie?Santi,martiri,preti?Sono una squallida processione di idioti vanesi e di traditori,di omosessuali,sadici,ubriaconi,di gente che gioca agli indiani e ai cowboys per rallegrare una vita squallida…..
…..Hanno bisogno di lui perché la gran massa ebete che tu ammiri possa dormire tranquilla ogni notte. Hanno bisogno di lui per la sicurezza della miserabile gente qualsiasi,come te e come me.


Tratto da “La spia che venne dal freddo” di John Le Carrè
Nella foto Richard Burton nei panni di Alec Leamas

Friday, October 13, 2006

CAPITOLO 3-

Capitolo 3

Tutto era cominciato ,come spesso succede nei grandi fatti della vita, per via di una ragazza. Bruna e minuta sembrava un incrocio tra una giovane squow dei Sioux e una ballerina tailandese,di quelle che si muovono lentamente con il sorriso fisso e lo sguardo lontano nei loro costumi colorati. Impossibile resisterle. La loro storia iniziò una domenica di primavera con un sole generoso,in un ristorante in cima a una collina proprio sopra Bologna. Dicono che da quel punto con lo sguardo si poteva vedere fino a Ferrara nei giorni di bel tempo,a 40 kilometri di distanza. Molti ci portavano i bambini che il panorama è sempre istruttivo e infilavano le 100 lire nella fessura del cannocchiale. Ma tanti avendo poco talento nel parlare ci portavano la ragazza sperando di distrarla con la bellezza del luogo e magari di poterne approfittare in qualche modo. C’era profumo di fiori nell’aria quel giorno e tanta luce e il vociare di un sacco di gente a festeggiare un compleanno o una cosa del genere. Loro erano giovani,soli e con una gran voglia di fare esperienze,soprattutto lei. Di innamorarsi lui. I maschi sono sempre un po’ più ritardati delle femmine nei pressi dell’età dello svilupopo. Era scritto da qualche parte che dovevano mettersi insieme anche se non era altrettanto chiaro per quanto tempo e per fare che cosa. Durò un paio d’anni con diverse sofferte interruzioni e altrettanti ricongiungimenti per poi finire in una fredda e malinconica sera di primavera, in un viale pieno di alberi di una città del profondo nord,dove in quella stagione si vedeva ancora il fiato fare la condensa quando alitavi per parlare,come nella cella frigorifera. La storia era finita perché spesso i sentimenti , per quanto forti all’apparenza, si mescolano talvolta al senso del dovere e ne vengono schiacciati se di mezzo ci sono i richiami della famiglia e magari qualcuno che ci lascia per sempre. E la famiglia di lei che viveva in ottime condizioni economiche non sprizzava entusiasmo all’idea di imparentarsi con un modesto figlio del proletariato, perdippiù affetto dal terribile vizio di sputare sentenze e incline talvolta a tritare le palle.. Oppure l’amore è solo una follia che non c’entra nulla con la felicità e alla lunga ci si stanca di questa dolorosa dipendenza e si finisce per dare ascolto a consigli più o meno interessati o a profferte da nuovi amanti. Non è chiaro come fu,ma resta il fatto che la storia finì anche se non fu lo stesso per le sue conseguenze pratiche. Viktor infatti con l’ingenuità e la dabbenaggine che affliggono spesso i maschi inesperti con l’adolescenza appena alle spalle aveva rinunciato nel frattempo al rinvio del servizio militare. Aveva in previsione niente meno che un matrimonio. Roba da non crederci. Per quale misteriosa ragione avrebbe dovuto interessare a una ragazza giovane e decisamente attraente, a cui non mancavano di certo i mezzi per condurre una vita ricca di emozioni, un matrimonio tra lacrime e sangue? Viktor non lo sapeva bene ma aveva provato lo stesso e il rifiuto era arrivato duro e inesorabile. Ora i suoi piani da aspirante adulto erano andati dritto dritto a farsi benedire e oltre al suo amore in frantumi, per cui non si dava pace, gli toccava anche fare il soldato. Sull’argomento il nostro aveva poche idee ma confuse,orecchiate alla rinfusa tra i compagni di scuola e apprese da letture mal digerite o affrettate in un clima culturale come quello a cavallo del ’68 che ribolliva di antimilitarismo e di contestazione verso qualsiasi forma di disciplina e di potere. E a migliorare le cose certo non contribuiva la recente decisione di Viktor di frequentare la sezione universitaria del partito comunista più grande dell’occidente capitalistico,come si compiacevano di ricordare in ogni occasione i suoi dirigenti, dove militava il fior fiore dell’élite destinata a governare la città e forse il paese in futuro. Non che l’ambiente,un vetusto e scrostato palazzo storico nel centro del quartiere universitario,fosse di quelli che scatenano folli entusiasmi. La sezione era un aggregato di studenti dai capelli unti e occhialuti professori governati da una gerarchia rigidissima,formata da un gruppo ristretto di leaders che si attenevano a una liturgia codificata e praticata con rigore da decenni. I futuri “rivoluzionari professionali” prendevano molto sul serio il loro compito a cominciare dai fatti formali come l’abbigliamento o dal modo di parlare in privato e negli interventi svolti in assemblea che seguivano sempre il medesimo schema. Di solito i capi-corrente si accordavano con i seguaci più intimi sui temi da discutere e le risoluzioni da approvare. Poi in assemblea si discuteva fino a sfiancare gli avversari,gli isolati o chi era lì per caso fino a giungere attraverso una selezione programmata degli interventi ad approvare i documenti preparati in precedenza. Come gli confidò un giorno di tanti anni dopo un vecchio marpione del partito formatosi alla periferia della regione più rossa d’Italia
–Tu lasciali parlare finchè non si sfogano- diceva con piglio furbetto l’ex di tutto quello che si poteva ricoprire nel pertito-
- poi negli ultimi cinque minuti, quando sono stanchi e hanno voglia di tornare a casa metti in approvazione i documenti e vedrai che passa tutto-
E così era. Il vecchio compagno,che in vita sua aveva ricoperto una miriade di incarichi nel partito e nelle istituzioni sapeva come si fa a fare funzionare la cosiddetta “democrazia interna” e tutti avevano per lui un grande rispetto poiché era stato il primo nella sua federazione di provenienza a indossare un orologio Rolex d’oro. Questa civetteria faceva di lui effettivamente una persona poco coerente con la sobrietà necessaria a un militante,ma gli conferiva un alone di fascino che le compagne addette alla segreteria non mancavano di notare con intimo compiacimento e una nomea più che meritata di esperto nelle cose della vita. L’uomo giusto per dare buoni consigli e magari togliere le castagne dal fuoco in caso di necessità. E dio solo sa quanto bisogno c’era nel partito di uomini come lui.
-Del resto- diceva sempre il vecchio ex dirigente alzando l’indice ammonitore della mano destra
- il soviet di Leningrado ai bei tempi negli anni ‘70,quando ancora non si chiamava San Pietroburgo, era costituito da 2400 membri ma era rigidamente controllato dai comunisti che erano solo 800 per una ragione molto semplice:erano organizzati,cioè avevano una ferrea disciplina e un gruppo dirigente determinato ed esperto.-
Un po’ come la falange spartana quando si scontrava con la cavalleria dei suoi avversari. Il gruppo solidale e compatto che vince scudo a scudo contro un avversario più forte di numero ma armato solo di entusiasmo e di vigore individuale. Il gruppo vince,il singolo perde come dicono i giapponesi. E così l’impegno militante finiva per diventare piuttosto noioso. Riunioni su riunioni con interventi moto simili gli uni agli altri,stampati a macchinetta nel lessico politichese a cui all’epoca era assolutamente necessario attenersi per non essere immediatamente bollati come fessi ignoranti e immaturi. La gerarchia al comando era poi dotata di umanità e di simpatia quanto un palo della luce e manteneva una rigida disciplina di gruppo imponendo uno stile di comportamento a tutti i militanti, dal Loden verde di rigore al pacco dei giornali sotto il braccio per darsi un tono. Di donne poi non ce n’era un granchè e anche questo contribuiva a rendere più gravoso e pesante l’impegno politico appena sbocciato. La più bella stava insieme a un tipo piacente,una specie di Massimo Cacciari giovane che non interveniva spesso nei dibattiti ma che però tutti rispettavano lo stesso. Chissà perché?. Poi un giorno venne un compagno da Napoli per un dibattito importante alla Festa dell’Unità,di quelli col sindaco,il giornalista del Carlino e la televisione,vide la ragazza che gli sorrideva con i suoi occhioni neri e non ci pensò neanche un minuto. Se la portò via a seicento Kilometri di distanza. Fu una pessima giornata per tutti quando si sparse la nptozia. Uno sfregio all’orgoglio dei compagni. Già che di donne ce n’erano poche e poi proprio la più carina si era portato via quel tipo che, tra l’altro, aveva anche un fastidioso difetto nel parlare. Ma la natura femminile risponde a imperativi che solo pochi uomini riescono a capire e di certo ,di quella minuscola schiera di fortunati non è dato sapere ancora oggi se ve ne fossero pochi o tanti iscritti alla sezione universitaria. E così Viktor e gli altri si consolarono andando a caccia di ragazze nei gruppi extra-parlamentari,dove erano senza dubbio più numerose e disponibili,soprattutto tra le fuori-sede del sud. Queste infatti, invariabilmente, trascorrevano i primi tre mesi dell’anno accademico,cioè ottobre,novembre e dicembre,tappate in camera a fare sesso per smaltire l’astinenza alla quale erano costrette nella loro città o paese di provenienza dove i costumi morigerati, le tradizioni e la morale religiosa erano ancora molto forti e assegnavano alla donna il ruolo esclusivo di madre e moglie virtuosa. Una vera manna dal cielo per gli studenti maschi sempre attanagliati da crisi esistenziali scatenate da eccesso di testosterone. I leaders dei gruppi extra-parlamentari di sinistra all’università erano poi dei veri campioni nell’arte di conquistare le studentesse,soprattutto quando erano assitenti volontari del professor Tizio o del barone Caio e potevano rappresentare agli occhi delle spaventatissime studentesse sotto l’effetto dell’ansia da esame un modo per unire l’utile al dilettevole. Altro che quei noiosi dei comunisti. I capi dei gruppettari erano poi dei veri fenomeni nell’attirare le ragazze alla militanza,avevano fascino e chiacchere da vendere,oltre al trench bianco che intrigava molto di più di un Loden con coppola verde coordinata e sciarpa rossa. E poi c’erano le manifestazioni in piazza e Viktor non se ne perdeva una .E così tra sampietrini,bottiglie molotov e lacrimogeni Viktor aspettava scaglionato e con scarsa fiducia nel futuro la data della partenza per il servizio militare masticando amaro per i suoi progetti sentimentali andati in fumo e nutrendo alacremente dentro di sé la pianta della lotta di classe che cresceva rigogliosa in un’orgia mentale di confuso ribellismo.